Gilberto Corbellini, professore ordinario di storia della medicina e docente di bioetica presso l’Università “Sapienza” di Roma, autore di diversi libri, così scrive in un articolo su “Il Sole 24 Ore – domenicale del 24 gennaio scorso: “Oggigiorno non si può essere cittadini pienamente in grado di esercitare i diritti costituzionali se, per esempio, non si sa cosa è una probabilità, quali componenti teoriche entrano nella definizione di rischio, come si stabilisce che un dato scientifico è corretto e non falsificato, come funziona una sperimentazione clinica, cosa sono i bias cognitivi ed emotivi, ecc.”
Gli abbiamo chiesto di chiarire cosa intende con questa sua affermazione. Questa la sua risposta:
Le capacità di apprendimento umano, cioè di acquisire concetti e metodi che servono per affrontare l’imprevisto imparando cose sempre nuove attraverso le esperienze inattese, sono qualcosa di straordinario, e sono alla base del nostro successo evolutivo. Mentre ci viene naturale imparare, nel senso che siamo costretti, non ci viene altrettanto naturale mettere in discussione quel che abbiamo imparato. Questo persino nella scienza, visto che Max Planck scriveva che le nuove e più corrette idee scientifiche non si affermano perché gli scienziati che aderiscono a quelle superate cambiano idea, ma perché questi scienziati prima o poi muoiono.
Ora, i tre principali capisaldi del mondo moderno libero e democratico, cioè la scienza, l’economia di libero mercato e lo stato di diritto, dipendono dalla capacità individuale dei cittadini di essere criticamente aperti al cambiamento. Fino a quando l’aspettativa di vita non era elevata, era sufficiente che un certo grado di pensare critico circolasse tra le élite. Oggi è indispensabile che sia qualcosa di largamente diffuso nella società. Per ottenere questo non basta la comunicazione e la divulgazione rivolta agli adulti, perché gli adulti è provato che resistono ai cambiamenti, se non sono già stati formati a pensare criticamente. Cosa che in genere non accadeva in passato.
Quindi sarebbe necessario fornire ai giovani, nella lunga e oggi molto ridondante fase del loro apprendimento scolastico, insieme all’insegnamento di nozioni e fatti che sono indispensabili per capire la realtà, anche strumenti per pensare criticamente. Questi strumenti non sono qualcosa di vago e indefinito, ma si tratta di metodi e concetti molto specifici, che consentono di mettere sotto controllo gli innumerevoli bias cognitivi ed emotivi che condizionano in senso conservativo e acritico il nostro naturale modo di pensare.
Consigliamo di leggere del Prof. Gilberto Corbellini, il libro intitolato “Perché gli scienziati non sono pericolosi. Scienza, etica, politica“, edito da Longanesi, 2009 e “Tutta colpa del cervello“, scritto con Elisabetta Sirgiovanni, edito da Mondadori Education.
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