Aumentano i dipendenti… dai videogiochi e dai prodotti tecnologici

Adam Alter ha scritto un libro che sta avendo un certo successo. Si intitola “Irresistible: The Rise of Addictive Technology and the Business of Keeping Us Hooked” in cui analizza le ragioni della dipendenza tecnologica che ci obbliga a un comportamento compulsivo di fronte agli strumenti digitali e ai social media che utilizziamo.

Riportiamo, in sintesi, alcune domande che gli sono state rivolte sul tema.

Perché dici che le persone oggi sono diventate sempre più dipendenti dagli strumenti tecnologici?

Lo dicono i fatti. In passato, abbiamo pensato che le uniche forme di dipendenza fossero quelle legate a sostanze chimiche: eroina, cocaina, nicotina, ecc. Oggi, questo fenomeno comporta dipendenze comportamentali che toccano ogni persona, dal manager che sta una media di tre ore al giorno sul suo cellulare, agli adolescenti che a volte passano intere settimane a giocare ai videogiochi nelle loro stanze. E le cose tendono peggiorare grazie alle nuove piattaforme ancora più coinvolgenti che riguardano social network, tablet e smartphone.

Perché parliamo di dipendenza?

Per dipendenza intendo qualcosa che ti piace fare nel breve periodo ma che ti coinvolge a tal punto che sei costretto a ripeterlo in modo compulsivo oltre i limiti ragionevoli, tanto da minare il tuo benessere.

Il meccanismo è lo stesso che si mette in funzione quando una persona diventa dipendente dal gioco, ad esempio con le slot machine. In quel momento, il cervello del giocatore è davvero simile a quello di un tossicodipendente. In altri termini, il gioco è costruito in modo tale da far rilasciare al neurotrasmettitore una valanga di dopamina, che al momento ci fa sentire bene e ci esalta, ma a lungo andare, a causa dell’adattamento a queste sollecitazioni, abbisogna di continui e più elevati stimoli.

Chi progetta queste nuove tecnologie ha tenuto conto delle conseguenze negative che producono?

Certamente il loro obiettivo iniziale non era quello di creare delle persone dipendenti. Il loro scopo è far vendere i loro prodotti, o continuare a far giocare i clienti, seminando una serie di feedback positivi che condizionano la persona a continuare la propria esperienza. Certamente, gli ideatori di questi sistemi sanno quali sono i modi più efficaci per attrarre e conservare i loro clienti e li usano senza troppi scrupoli.

Alter a ruota libera parla di episodi incredibili come quello di un ragazzo che è rimasto seduto davanti al suo computer per 45 giorni di seguito. E’ stato necessario un ricovero in una clinica di Washington specializzata nel trattamento di giovani con dipendenze al gioco per farlo uscire da quella spirale diabolica.

Steve Jobs non ha mai permesso ai figli di usare l’Ipad ma anche molti ricercatori e ingegneri che lavorano nel settore vietano ai loro figli l’eccessiva esposizione a questi strumenti perché sanno che comportano dipendenza. In Corea del Sud e in Cina c’è una legge, definita “Cenerentola” che protegge i bambini dall’uso di questi giochi tecnologici oltre la mezzanotte. Ma sono palliativi.

Il consiglio di Alter è cercare di dare ai propri figli il buon esempio. Anche se lui stesso confessa che spesso si accorge di essere dipendente dalle mail. Non riesce a prendere sonno se non ha letto tutte le mail che ha ricevuto nella sua casella di posta.

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