L’appetito vorace del cliente. Riesci a fargli esclamare “wow”?

Quando si pensa al modo in cui sta cambiando il comportamento dei consumatori occorre fare chiarezza. Dobbiamo riconoscere che i bisogni fondamentali dei clienti non cambiano. Sono le loro aspettative che cambiano, ma più che altro crescono in continuazione.

In altre parole, i clienti aspirano ad esperienze che li soddisfino in pieno, vogliono prodotti e servizi convenienti e di facile utilizzo. E non si accontentano più di quello che avevano ieri, perché sanno che oggi possono avere di più, in termini di convenienza, rapidità, qualità, ecc.

Da dove gli arriva tutta questa sicurezza? Gliel’hanno trasmessa le stesse imprese, con la loro filosofia, le loro scelte di mercato, le innovazioni continue. Gliel’hanno trasmessa gli stessi salesman con le loro attenzioni, la loro consulenza; e il cliente, naturalmente, ora la pretende.

Chiariamo una cosa: il cliente non è un marziano. Siamo tutti clienti e se siamo onesti dobbiamo riconoscere che in questi ultimi anni siamo diventati sempre più esigenti e impazienti. Lo dice bene Jeff Bezos di Amazon, nella sua lettera agli azionisti del 2018:

Una cosa che amo dei clienti è che sono divinamente scontenti. Le loro aspettative non sono mai statiche: salgono. È la natura umana. Le persone hanno un appetito vorace per il sistema migliore, e il “wow” di ieri diventa rapidamente “ordinario” oggi.

 

Non vendere ma convincere all’acquisto

Se le aspettative dei clienti crescono in continuazione, bisogna che le aziende sappiano sfruttare questo loro “appetito vorace”, occorre che i team di vendita siano pronti a cogliere le nuove esigenze per così dire al volo e le sappiano soddisfare, se possibile, anticipandole.

Purtroppo non sempre è possibile né facile prevedere come cambieranno le dinamiche dei mercati, della concorrenza e dei consumatori. Ogni organizzazione di vendita è chiamata continuamente a esplorare, apprendere e inventare. In altri termini, a evolversi con strutture, strategie, processi, cultura aziendale per adeguare il valore delle proprie proposte. E farlo richiede tempi lunghi, spesso incompatibili con l’impazienza dei clienti.

Ecco, allora, che si arriva quasi al paradosso che al salesman non serve più saper vendere quanto piuttosto essere capace di convincere il cliente all’acquisto, che non è la stessa cosa né una distinzione di “lana caprina” ma comporta abilità molto diverse tra loro.

Si deve partire dal presupposto che il cliente vuole che gli vengano fornite valide ragioni per procedere all’acquisto, e soprattutto desidera avere la sensazione di essere lui a scegliere. Le persone, ormai, non vogliono che qualcuno venda loro qualcosa, vogliono procedere volontariamente all’acquisto.

Nessuno vuole lasciarsi convincere da un venditore senza essere persuaso fino in fondo della scelta che compie, avendo la sensazione (spiacevole) di non controllare la situazione o, peggio, sentendosi obbligato perché non ha altra scelta o non è in grado di fare altre valutazioni.

Le persone vogliono essere libere ma allo stesso tempo sentirsi al centro dell’attenzione, vogliono essere ascoltate, vogliono parlare con chi le sa capire, con chi le apprezza. Al limite, preferiscono chi è meno bravo, ma si dimostra più alla mano, più disponibile.

L’idea di una vendita “push” dove il cliente è quasi messo alle strette perché compia l’ acquisto non ha più senso. Oggi il cliente vuole avere un ruolo attivo e desidera essere protagonista della propria scelta.

Trova le “leve motivazionali” del cliente e hai fatto centro!

Far nascere nel cliente il desiderio di acquistare significa proprio questo: essere in grado di toccare certe “leve motivazionali” che ognuno possiede, in modo diverso, e coinvolgerlo anche emotivamente. Per leve motivazionali intendiamo sinteticamente il risparmio di denaro, di tempo, il vantaggio rispetto ad altre soluzioni, la comodità, la disponibilità, il desiderio di sicurezza; ma anche l’emulazione, persino l’invidia.

Non dimentichiamoci, infine, che vendere è in qualche modo un atto seduttivo, perché si deve convincere l’altro a dire di “sì”, proprio come tra innamorati. E, infatti, qui entriamo nel mondo delle sensazioni, del feeling, dell’empatia. E in questi ambiti funzionano antenne particolari che si attivano non tanto per i contenuti di un blog o le parole postate su un social, quanto per la capacità di una persona o di una organizzazione di toccare le corde giuste, quasi mai razionali e quasi sempre emotive.

Inutile ripetercelo. Lo sappiamo bene: lo storytelling se usato con abilità sa suscitare emozioni, fa sognare, invita all’immedesimazione. D’altra parte, l’endorsement, la testimonianza, l’esempio ben calibrato, la metafora, l’immagine suggestiva, sono elementi, subliminali o meno, che suscitano emozioni, raggiungono il cervello limbico e servono a favorire le decisioni di acquisto.

Alla luce di quanto sopra, non conviene dire tutto, ripetere a macchinetta le eccellenze dei propri prodotti o della propria azienda. Non sarà quello che farà la differenza e favorirà la vendita. Occorre preoccuparsi della forma con la quale viene presentato un prodotto o un servizio. Perché conta quanto la sostanza. E dello stile che è l’immagine dell’azienda che il venditore deve essere capace di veicolare con il suo comportamento.

Bisogna conoscere il target al quale ci si rivolge, chiedersi cosa lo ispira, cosa lo spinge all’acquisto. E predisporsi all’ascolto. Un ascolto non passivo ma attivo, cercando di capire che cosa la persona che abbiamo davanti pensa di noi e della nostra azienda, facendo in modo, sempre, che vi sia la massima coerenza tra le idee che proponiamo e le azioni che siamo disposti a compiere.

Non è semplice ma… si può fare!

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