
Dal prof. Jason Moser, professore di psicologia all’Università del Michigan, ci arriva una interessante segnalazione che va a completare un nostro precedente articolo, intitolato Self talk: tu parli con te stesso?
Dal prof. Jason Moser, professore di psicologia all’Università del Michigan, ci arriva una interessante segnalazione che va a completare un nostro precedente articolo, intitolato Self talk: tu parli con te stesso?
Il professor Oded Netzer della Columbia Business School fa una affermazione che non si può non condividere: “L’informazione è essenziale per prendere decisioni intelligenti, ma il più delle volte, i dati di cui disponiamo sono talmente tanti che rischiamo di esserne travolti. L’idea è quella di fornire una struttura sistematica per prendere decisioni più intelligenti in condizioni di incertezza“.
Chi osa parlare male di tre uomini che hanno realizzato le più grandi imprese degli ultimi anni e che hanno trasformato il mondo? Si chiama Kyle M.K., esperto di leadership, autore di “The Economics of Emotion” che, senza peli sulla lingua, rivela come i tre personaggi riportati nel titolo, siano sempre stati molto attenti a tutto ciò che crea profitto ma assolutamente insensibili alle persone che lavorano con loro e che per questo motivo siano e siano stati odiati dai loro collaboratori.
Il prof. Ugo Perone – filosofo, docente Humboldt-Universität di Berlino – nel suo illuminante saggio “Otto tesi per la sinistra” sulla rivista “Spazio Filosofico” scrive, tra l’altro: “…sulla scena sociale è intervenuto un fattore inedito: il risentimento. Presso i conservatori aveva spazio la paura: la paura di perdere ciò che si aveva (fosse anche poco), presso i progressisti la fiducia che attraverso lotta e progresso si potesse rimediare alle ingiustizie. Ma né la sinistra né la destra si nutrivano di risentimento, che implica un desiderio di rivalsa per quello che non si ha a danno di chi l’ha o minaccia di ottenerlo. Il risentimento è invece diventato dominante presso tutti gli orientamenti: verso i profughi non si prova solo paura ma risentimento, così che non si accetta nemmeno che essi ottengano gli stessi diritti degli altri cittadini; verso le élite dominanti si prova risentimento per i privilegi che hanno accumulato: non è però un’ansia di uguaglianza, ma un semplice desiderio di livellamento; verso i più vecchi cresce l’insofferenza, e si sbandiera una rottamazione come semplice sostituzione che non ha nulla da spartire con le illusioni utopistiche sessantottine; verso il sapere cresce la derisione, si devastano i congiuntivi e si abbandonano scuola e università.
Come scegliere un manager che sia adatto alla tua azienda, faccia crescere i collaboratori, li motivi adeguatamente, sappia aiutarli nelle difficoltà e soprattutto sia in grado di indirizzarli verso gli obiettivi giusti?
Secondo la dott.ssa Karen Morley, autrice di Lead like a Coach e Gender Balanced Leadership: An Executive Guide, se i dirigenti delegassero di più, potrebbero conquistarsi maggiore fiducia nei confronti dei propri collaboratori, aumentando sia il loro impegno che la loro produttività.
È quasi una seconda natura per un leader “che si rispetti” impegnarsi ad avere ragione sempre, in ogni circostanza. C’è chi, per non sbagliare mai, cerca di mettere in pratica le idee di Schopenhauer, il filosofo tedesco che, oltre alla sua opera più importante Il mondo come volontà e rappresentazione, ha scritto un – meno famoso ma più citato – trattatello intitolato L’arte di ottenere ragione (in 38 stratagemmi).
Una delle accuse che spesso si fanno agli introversi è quella di essere sempre troppo assorti nei loro pensieri, con la mente rivolta altrove, un po’ distratti, poco presenti. Vi riconoscente in questa descrizione?
Quando si lavora bene in una squadra non ci si chiede perché. Tutto funziona a meraviglia. Il lavoro fluisce in modo naturale, spontaneo, immediato. Ognuno svolge il proprio compito in armonia con gli altri. C’è un clima disteso anche se si lavora sodo.