Con l’aumento sia delle persone infettate dal virus sia delle vittime, anche le aziende che erano inizialmente riluttanti, cominciano a promuovere il lavoro a distanza. E, difficilmente, quando la pandemia si concluderà, si tornerà indietro. Insomma, ci voleva il virus per accelerare questo processo, anche perché ormai sono molte le persone convinte che il lavoro a distanza è un sistema efficace per aumentare l’engagement dei collaboratori, per fidelizzare i migliori e, quindi, per incrementare la produttività aziendale.
A questo punto, segnaliamo una ricerca svolta lo scorso mese di novembre negli USA sullo smart working, commissionato da Zapier e condotto on line da The Harris Poll.
Secondo questa ricerca, il 95% dei lavoratori vorrebbe lavorare da remoto ma il 31 % di loro, invece, è costretto ad operare in aziende che non lo consentono. Di questi lavoratori, il 74% sarebbe decisamente favorevole allo smart working. Ci si riferisce, in particolare, ai knowledge worker, cioè a lavoratori che svolgono lavori più creativi e hanno una discreta autonomia e minori vincoli rispetto ai semplici impiegati.
Vediamo, da vicino, le motivazioni delle loro scelte.
- Risparmio di denaro (48%)
- Poter lavorare dovunque (47%)
- Passare più tempo con la famiglia (44%)
- A casa la produttività aumenta (35%)
- E’ la soluzione migliore per la propria salute mentale (29%)
- E’ più ecosostenibile (23%)
- Trascorrere più tempo con gli animali domestici (18%)
- Potersi trasferire in una abitazione più economica (16%)
- Facilitare la costituzione di una famiglia (16%)
- Assistere genitori anziani (16%)
Qualche ulteriore nota. Le donne che lavorano da remoto si ritengono più produttive (50%) rispetto agli uomini (37%). Quasi tre millennial (nati nei primi anni 80 fino alla metà degli anni 90) su quattro (71%) ritengono che l’ufficio tradizionale verrà sostituito dalla maggior parte delle posizioni svolte in remoto, rispetto al 61% della generazione X (nati tra gli anni 60 e 80). Gli smart workers a tempo pieno sono maggiormente convinti che l’ufficio tradizionale diventerà obsoleto entro il 2030 rispetto alle loro controparti (75% contro 63%).