Carl Schmitt, giurista e filosofo, si intendeva di distorsioni del potere. Non per nulla era stato vicino a Hitler, almeno nel periodo che va dal 1933 al 1936, mantenendo una posizione ambigua, o per lo meno contraddittoria, sulla quale qui non merita soffermarci.

Ma è decisamente suo il merito di aver fornito una delle più limpide analisi del potere – ci riferiamo in particolare al suo libretto, edito nel 1954, e intitolato “Dialogo sul potere” – Adelphi, 2012 – nel quale sostiene che davanti a ogni camera del potere diretto si forma sempre «un’anticamera» di influssi indiretti, un accesso all’orecchio del potente, un «corridoio» verso la sua anima.
Di per sé l’anticamera non può essere aggirata. Nell’anticamera a volte ci sono uomini saggi e intelligenti, abili amministratori e onesti consiglieri ma a volte (il più delle volte) sciocchi arrivisti e veri e propri impostori.
Il paradosso è che il potente diventa sempre più isolato quanto più il potere si concentra in un determinato punto, in un determinato uomo o gruppo di uomini come in un vertice, tanto più acuiscono il problema del corridoio e la questione dell’accesso al vertice.
La famosa “cerchia brumosa”
Di conseguenza tanto più violenta, accanita e sotterranea diventa anche la lotta tra coloro che occupano l’anticamera e controllano il corridoio. Pertanto ogni accrescimento del potere diretto aumenta e infittisce la cerchia brumosa degli influssi indiretti, tanto che, nella stratosfera in cui si trova, il potente mantiene contatti soltanto con coloro che indirettamente lo dominano, mentre perde contatti con tutti gli altri uomini su cui esercita il potere che a loro volta perdono contatto con lui.
E’ in questo ambito che nasce e si diffonde come un virus, sotterraneo ma neppure troppo, che si chiama burocrazia e che rallenta e impastoia ogni decisione.
Schmitt sostiene che, quanto più il potere si concentra in un determinato leader, tanto più si acuiscono il problema del corridoio e la questione dell’accesso al vertice. E «tanto più violenta, accanita e sotterranea diventa anche la lotta tra coloro che occupano l’anticamera e controllano il corridoio».
Il rischio per il potente, a questo punto, è forte: quello di restare sempre più isolato quanto più il potere diretto si concentra nella sua persona individuale. Nessun potere umano, conclude Schmitt, sfugge a «tale dialettica di auto affermazione e auto estraneazione».
Per approfondire questo tema, vi consigliamo la lettura di “Il pluralismo al bivio. Popolo, élites e istituzioni fra economia e politica” di Giulio Battioni, edizioni Nuova Cultura, con un interessante intervento, sul tema in particolare, di Francesco Maiolo.