Il prof. Stefano Oliviero, Università di Firenze, ha definito in un suo scritto cosa si intende per consumo.
“Nel corso dei secoli il verbo consumare e la parola consumo hanno avuto molteplici significati e sfumature e sono stati soggetti a svariate interpretazioni etimologiche, diverse da una lingua all’altra e talvolta perfino tra loro contrastanti. Con il verbo consumare si può infatti alludere al comprare, al mangiare, al finire, distruggere, e persino sprecare. Con il mutare dei tempi, del contesto culturale o geografico,
i consumi possono infatti esser letti e interpretati sia come indice di benessere di una società sia anche, nel contempo, come termometro della sua crisi e del suo disagio
Consumare può essere inteso altresì come compiere, quindi alla stregua dell’atto finale (il momento più alto) di un percorso, finito e quindi completato; oppure può essere riferito a qualcosa che è arrivato alla fine del suo percorso e che non esiste più perché logorato, esaurito, consumato appunto”.
Dal “Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione” di Piero Bertolini, grande pedagogista e filosofo, riprendiamo un brano che riflette sulla possibilità di educare a un consumo consapevole.
“Se il termine consumo fa riferimento semplicemente all’utilizzazione di un bene di cui si ha bisogno, e se indubbiamente la quantità e la qualità dei consumi possono essere giustamente considerati come gli indici significativi dell’appartenenza ad una determinata classe sociale;
Piero Bertolini
il termine consumismo rappresenta una sorta di deviazione dal normale e necessario consumo […] il consumismo è indotto dalla pubblicità e dagli altri mass-media, a partire dalla televisione, e rappresenta per una corretta prospettiva formativa un ostacolo non indifferente: esso infatti conduce e convince l’individuo, a partire dalla stessa età infantile, che consumare ciò che piace o ciò che viene indicato come piacevole e valido è un diritto acquisito che non comporta nemmeno la fatica di appropriarsi di quei beni […]
la cultura consumistica suggerisce molte volte, in particolare ai genitori, un comportamento largamente ricattatorio in quanto essi fanno dipendere il consumo di beni pervicacemente propagandati dall’assunzione da parte del figlio di un determinato comportamento o di un determinato atteggiamento indipendentemente dal fatto che questi siano o no intimamente accettati dal figlio medesimo”.