Perché in genere siamo tutti afflitti da “fissità funzionale”. Spieghiamo il concetto con una frase ad effetto: “Se hai un martello, tutto sembra un chiodo!”. Cioè, quando si è abituati a usare una strategia, uno strumento o una soluzione particolare sempre nello stesso modo abbiamo grande difficoltà a immaginare cose nuove o sistemi diversi di fare le stesse cose. Siamo bloccati, limitati.
Per uscirne c’è un solo modo, doloroso se vogliamo, ma in certi casi efficace: rimettere tutto in discussione, affrontando il problema da angolazioni e prospettive diverse. Ma per farlo, bisogna sviluppare nei leader, e nei collaboratori in genere, un forte senso dell’autocritica e dell’umiltà, ammettere con franchezza che non si è capito tutto. Occorre, come fanno i filosofi, chiedersi sempre il perché delle cose, senza prendere per “oro colato” certe idee, dati e informazioni, conformi alla tradizione, alle strutture esistenti o al pensiero della maggioranza, praticando e instillando curiosità ovunque sia possibile.
Amy Cappellanti-Wolf
Quando prendi un gruppo di bambini dai 2 ai 5 anni e dai loro una scatola di graffette, probabilmente possono pensare a 120 modi per usare quelle graffette. Non ci sono pregiudizi, non ci sono prospettive preconcette. Solo l’immaginazione, la fantasia.
Sostiene Amy Cappellanti-Wolf, Vicepresidente senior e CHRO, Symantec. E noi aggiungiamo: Sarebbe banale, se non assurdo, che uno di quei bambini pensasse che le graffette servano solo a tenere insieme dei fogli di carta!
Da “belief model” a “design model”
Per avere leader (e collaboratori) del genere bisogna formarli a non essere in modalità valutazione “belief model” ma in modalità sviluppo “design model” (vedasi l’articolo su Maria Montessori).
I leader che promuovono questa cultura dell’apprendimento comprendono che la redditività futura di un’azienda non riguarda solo chi si occupa di innovazione o i reparti di ricerca e sviluppo, ma riguarda tutti i membri dell’azienda, pronti a recepire spunti, cogliere novità dovunque emergano.
Sicurezza psicologica in azienda
Ma ciò richiede anche un’apertura collettiva verso queste nuove idee e si collega strettamente al clima positivo che si respira in azienda. Se i collaboratori non si sentono al sicuro, difficilmente troveranno la voglia e il coraggio di esprimere nuove idee o soluzioni.
Al contrario, quando i collaboratori si sentono psicologicamente al sicuro sul posto di lavoro, con i loro colleghi e i loro capi, la serendipità può svilupparsi e chiunque si sente libero di parlare di scoperte inaspettate, ipotesi incomplete e idee apparentemente folli.
Amy C. Edmondson
Sul tema della sicurezza psicologica è uscito di recente un bel libro della professoressa di Harvard, Amy C. Edmondson, che abbiamo già commentato qui.
I suoi studi dimostrano che i team con prestazioni migliori sono quelli che non hanno paura di parlare degli errori commessi, mentre nei team con prestazioni inferiori, gli errori vengono spesso taciuti. I progetti che falliscono semplicemente cadono nell’oblio e con essi la possibilità per tutti (chi ci ha lavorato e chi no) di trarre vantaggio, imparando da queste esperienze negative.
Elogio degli errori
“Fai nuovi errori. Fai errori gloriosi e sorprendenti. Fai errori che nessuno ha mai fatto prima”, ha affermato lo scrittore, fumettista, Neil Gaiman in un suo discorso diventato il manifesto per una vita creativa.
“Il trucco principale per commettere errori buoni è non nasconderli, specialmente non a te stesso”, ha affermato il filosofo Daniel Dennett nella sua meditazione sulla dignità e l’arte-scienza del commettere errori.
Ed Catmull
Eppure la maggior parte di noi, essendo umani e quindi fallibili ma orgogliosi, fa di tutto per evitare di commettere errori, quindi una volta che inevitabilmente li fa, si impegna per nasconderli a sé stessi e al mondo.
Ma questo, sostiene il cofondatore della Pixar, Ed Catmull nel suo libro “Verso la creatività e oltre. La lezione della fabbrica dei sogni” è un grave errore, non solo da un punto di vista morale astratto, ma anche come strategia pratica per coltivare una forte cultura creativa in un’azienda e uno spirito imprenditoriale dentro di noi come individui.
Su questo tema abbiamo altre cose da dire. In un prossimo articolo, analizzeremo un contributo italiano.