
Lo studioso Salvatore Prinzi in un suo bellissimo saggio “La tirannide del tempo” dice cose affascinanti.
“Il radicale umanesimo di Machiavelli deve essere rappresentato come una combinazione di cinismo, frode, dissimulazione. In questo senso il machiavellismo diventa rapidamente sinonimo di una mancanza di scrupoli e di una generale spregiudicatezza.
Ma che cosa indica in realtà l’essere spregiudicato?
Ancora una volta, la rottura di un ordine tradizionale, quello allestito dai pregiudizi, dai giudizi sclerotizzati, dalle norme correnti. La spregiudicatezza non ha tanto a che vedere con l’assenza di valori, quanto con il rifiuto di valori imposti come eternamente validi, e dunque con una capacità di riposizionamento rispetto al rapido cambiamento delle cose.
Insomma, anche solo attenendosi a quanto ne dicono i denigratori, il machiavellismo appare come una perversa, ma proprio per questo affascinante, abilità di muoversi senza alcuna assicurazione e senza contrarre patti di fedeltà, fondando il proprio risultato non sul piano della provvidenza, ma sulla trama di relazioni che l’attore politico riesce a tessere. E qui sta lo scandalo di Machiavelli, che va ancora capito fino in fondo.
Non in un’opposizione fra morale e politica, come attitudini diverse dello stare al mondo – l’una per principi e l’altra per pragmatismi, l’una con la testa nel cielo delle leggi e l’altra affondata nel fango dei compromessi – ma nell’individuazione, attraverso il politico, di una temporalità assolutamente moderna, che ci costringe a rimettere sempre in discussione quello che siamo e che possiamo essere.
La morale tradizionale, infatti, investiva il tempo, o meglio, presupponeva un tempo continuo e sempre uguale, almeno in un punto: quello che ci permetteva di onorare il patto, vietandoci, nel cambiamento ‘naturale’ delle cose, il nostro stesso cambiamento.
La morale si fondava così sulla promessa, garantita altrove, che il domani, nell’essenziale, sarebbe stato così, che esiste una sostanza del tempo oltre gli accidenti del tempo.
Machiavelli rompe con questa concezione e non riconosce questo tempo fedele a se stesso: se i patti vengono violati non è perché il politico sia immorale, non è lui a tradire, è il tempo stesso che si tradisce”.
E’ così che finiscono le ideologie?
La risposta del dr Prinzi
La ringrazio anche per aver letto il mio saggio. Non è usuale che
pubblicazioni accademiche come quelle vengano lette, e dà certo un
senso alla fatica della ricerca il fatto che qualcuno, di uno scritto,
se ne faccia qualcosa. Peraltro la sua intuizione, di collegare il
tema del tempo al tema dell’ideologia è giustissima. Anche se non
parlerei sic et simpliciter di fine delle ideologie, perché
l’ideologia è anche continua produzione di una narrazione su sé
stessi. E queste narrazioni oggi proliferano. Sicuramente però quello
che si è interrotto (finito? chissà!) è, in rilevanti porzioni della
società occidentale, l’idea di un patto intersoggettivo di carattere
morale o ideale, che presuppone un certo uso del tempo. Non so se
questa risposta la può soddisfare, ma questo è quello che mi sento di
dire – sono problemi su cui cerco di riflettere a partire anche da
esperienze concrete. In ogni caso Machiavelli non è imputabile di
machiavellismo se non in un senso molto profondo della parola.
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