Tutti sono contro il multitasking. Anche nel nostro blog ne abbiamo scritto. Ma credo che occorra fare un po’ di chiarezza.
Partiamo dall’idea che se si svolgono più compiti contemporaneamente ciò comporta una grande perdita di produttività e una scarsa qualità dei risultati con aumento correlato di errori o sviste. Credo che ognuno ne sia convinto, anche se spesso, confessiamolo, il fatto di apparire – soprattutto agli occhi di quelli che ci osservano – occupati, interrotti, sollecitati da più parti ci porta a credere di essere estremamente efficienti ed eccezionalmente produttivi.
Si tratta di un’illusione frequente, corroborata dall’orgoglio (presunzione?) di essere sempre disponibili, in qualsiasi momento e, quindi, indispensabili.
Ricordiamoci sempre che siamo tutti utili, ma nessuno indispensabile.
Lo studioso Gerald Weinberg, psicologo e antropologo, ha studiato l’effetto negativo del cosiddetto “context switching”, cioè della mania di passare da un determinato contesto o argomento a un altro o, peggio ancora, lavorare contemporaneamente a più progetti.
L’autore parla di una caduta dell’efficienza media del 20%. E’ più che evidente che se una persona cerca di lavorare su diversi progetti contemporaneamente, il rischio di perdere tempo è reale e quindi, oltre al tempo, spreca fatica, creatività, concentrazione. Ulteriori ricerche hanno stabilito che ci vogliono più di 23 minuti per recuperare lo status di focus, cioè di attenzione elevata, che è stato perso dopo una interruzione.
Fin qui tutti sono d’accordo. Quindi, il “context switching” è negativo nel caso che venga provocato da fattori esterni, vale a dire interruzioni impreviste e non volute, telefonate, incontri non programmati, ecc. o distrazioni, più o meno volute, come il controllo, spesso compulsivo, delle comunicazioni (mail, messenger, altro).
Cambiare contesto nell’ambito del lavoro che stiamo facendo, invece, in certi casi è importante e necessario. Quando si sta lavorando a diversi progetti, è opportuno seguirne uno alla volta, come abbiamo visto. Però, arriva un momento in cui la nostra attenzione, il nostro focus diminuisce e si fa fatica a restare concentrati su un determinato tema sul quale magari da qualche ora si sta lavorando.
Ricordiamo che è meglio staccare ogni mezz’ora per riprendere fiato e distrarsi per qualche minuto (un breve break), senza però mai perdere il filo. Se però, ciononostante, ci accorgiamo che siamo un po’ bloccati, fatichiamo ad andare avanti, allora è meglio mollare.

Ricordiamo la legge di Northcote Parkinson (un suo libro con analogo titolo è uscito nel 2011) che segnala la tendenza che ogni progetto ha di espandersi nel tempo: “Il lavoro si espande fino ad occupare tutto il tempo disponibile e contemporaneamente quel lavoro diventa sempre più importante e impegnativo”. Se succede questo, vuol dire che è proprio il momento di passare ad altro. Torneremo su quel progetto in un secondo tempo.
La soluzione ottimale a questo punto è fare appunto un “context switching” volontario, passando ad affrontare un altro progetto che ci consenta di staccare completamente dal precedente, cambiare prospettiva, e immergersi in un altro tema. Oppure, se riteniamo di aver lavorato abbastanza, prendersi una pausa più lunga e staccare del tutto, fare una passeggiata e pensare ad altro…