Il problema oggi è che diventa sempre più difficile parlare con gli altri senza avere in mente uno scopo preciso, una finalità. E’ quasi ovvio che sia così in una società che ha fatto del consumismo una filosofia comportamentale che ha ormai impregnato ogni nostro rapporto.
Se parliamo con qualcuno, molto spesso non si tratta di uno scambio libero di idee od opinioni ma alla base c’è l’intento (più o meno celato) di illustrargli i vantaggi di un servizio o di un prodotto che abbiamo acquistato per vantarcene e per convincerlo ad acquistarlo a sua volta.
Le numerose “community” che si sono create in questi ultimi anni e che sono fiorite sui social network si basano proprio su questi principi.
Dietro la parvenza di amicizia e di condivisione reciproca di idee o di vantaggi, si nasconde il proposito di sostenere una certa causa o appoggiare iniziative commerciali, con l’illusione di poter condividere guadagni, agevolazioni, ecc. con un sistema vecchio quanto il mondo, cioè quello del “passa parola” codificato, che è poi un succedaneo della vendita “piramidale”.
Parlare di dialogo in questo clima diventa sempre più difficile e forse impossibile. Ma anche parlare di amicizia diventa impossibile. Quello che unisce due amici non può essere uno pseudo interesse reciproco ma qualcosa di diverso, più profondo, più spontaneo, più libero.
Ecco perché l’amicizia vera diventa sempre più rara e, come dice Abraham Kaplan, oggi, anziché di amici, si parla sempre di più di contatti, clienti, consumatori, followers, ecc.
Ma non è vero che non siamo più capaci di ascoltare. Ascoltiamo solo ciò che ci fa comodo o che riteniamo possa portarci un utile, un guadagno. Lo scambio comunicativo tra due persone ha prevalentemente questo scopo, anche perché solo così può avere successo, cioè possiamo ottenere dall’altro l’attenzione che desideriamo.
E’ vero che oggi il dialogo spesso è diventato, come dice Kaplan, un “duologo”, cioè un monologo a due. Ma personalmente credo che sia più azzeccato definirlo un “diaLogo”, intendendo per Logo (“L” maiuscola), il brand di un prodotto, di cui siamo diventati, volenti o nolenti, sponsor più o meno convinti, strumenti passivi di un meccanismo tanto subdolo quanto invasivo.
E’ chiaro, a questo punto, che anche gli studenti – come sostiene Massimo Giuliani nella recensione del libro apparsa su “Avvenire” del 9 gennaio scorso – una volta etichettati come clienti, si attendono di ricevere pacchetti di istruzione che possano costituire per loro una rendita il più possibile monetizzabile in tempi brevi, piuttosto che una educazione basata su valori morali e sociali che dovrebbero orientare le loro scelte future, anche perché lontane dall’individualismo egoista e dal desiderio di gratificazione immediata a cui mirano.
Il libro che abbiamo citato è “Il duologo. La via del dialogo” del filosofo Abraham Kaplan, un saggio appena edito da Morcelliana (con introduzione di Giovanni Scarafile) pagine 74, euro 10,00.