Che brave persone i super-ricchi! E come sono generosi!

La povertà non è una banale questione di soldi. Ma di politiche sbagliate che si fanno nel mondo, di un sistema che produce disuguaglianze assurde, considerato che l’1% della popolazione mondiale possiede ormai la metà della ricchezza del pianeta.

Non dovrebbe essere complicato fermare i meccanismi di questa speculazione finanziaria con sistemi che possano portare a una redistribuzione più equa delle risorse. Ma nessuno, specie tra i politici, si azzarda a farlo.

D’altra parte, quell’1%, che detiene anche un potere straordinario, sa che occorre opporsi a questo paventato cambiamento, cercando di mostrarsi generosi, prima che qualcuno si arrabbi sul serio e proponga soluzioni che in qualche modo potrebbero incrinare o mettere in discussione la loro ricchezza. E’ un pericolo relativo perché loro hanno il controllo del mondo. Ma non si sa mai.

Ecco, allora, l’idea di restituire un po’ di quella ricchezza, attraverso fondazioni, associazioni, che servono a migliorare l’immagine del ricco avido, egoista e insaziabile, che potrebbe a lungo andare diventare per la gente comune davvero insopportabile e odiosa.

Oltretutto, fondazioni, associazioni, ecc. sono anche un mezzo efficace per evadere o eludere il fisco e occultare affari poco puliti, facendo passare in secondo piano o peggio dimenticare il problema principale, cioè l’assurda distribuzione di risorse e potere in mano a poche persone.

Avanti con le fondazioni!

La logica dello sfruttamento nel capitalismo finanziario ha trovato quindi il sistema della solidarietà, delle donazioni (come abbiamo visto spesso “pelose”) per assurgere al ruolo di difensori della lotta alla disuguaglianza. Insomma, in un colpo da maestri, riescono ad avere sia la botte piena che la moglie ubriaca.

Hanno capito che questo è un altro modo di fare business, un affare oltremodo vantaggioso per moltiplicare le loro ricchezze rifacendosi la facciata, dietro l’idea spudorata di “voler rendere il mondo un posto migliore”.

Ecco, allora, che si schierano anche a favore delle iniziative ecologiche e umanitarie a supporto dei diseredati, operando con strutture le cui finalità non intaccano lo status quo, anzi addirittura rafforzano le dinamiche dell’ingiustizia, spesso anche scalzando interventi oculati delle istituzioni pubbliche, che in genere hanno meno capitali a disposizione e sono meno “appeal”.

Qualcuno chiama questo fenomeno, ormai diffusosi largamente ma tollerato e addirittura favorito, come “filantrocapitalismo”. Un sistema che è legato al mondo della tecnologia digitale, della biotecnologia, della finanza, cioè a quegli ambiti che orienteranno le scelte politiche sempre di più nel prossimo futuro.

Ma i politici, soprattutto nel nostro Paese, chiudono gli occhi su questa situazione. Anzi, gli stessi politici, sotto la copertura di iniziative culturali, creano fondazioni. Legate o meno ai loro partiti d’origine, che il più delle volte celano operazioni finanziarie perlomeno imbarazzanti. Non facciamo nomi perché li conoscete già…

Se qualcuno vuole approfondire questo argomento suggeriamo il libro di Nicoletta DenticoRicchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo”, EMI edizioni, 19 euro.

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