
Proviamo a semplificare un problema complesso, dice Giorgio Parisi, Premio Nobel, nello spot del Ministero per sponsorizzare la quarta dose del vaccino Anticovid. E in un certo senso ha ragione.
La mente umana funziona per semplificazioni: per comprendere il funzionamento di un meccanismo, o un fenomeno naturale, è più facile scomporlo fino a semplificarne la funzione, per capire dei concetti filosofici utilizziamo esempi e similitudini, per la politica ci si avvale di metafore e simboli, come abbiamo visto.
Semplificare, quindi, è una buona cosa. Significa andare alla ricerca di essenzialità, toccare un punto nevralgico di fondo e riuscire a comunicarlo con formulazioni chiare e immediatamente percepibili da parte della maggior parte delle persone.
Pensiamo al design, il grado di “semplificazione” ottenuto da un progetto – senza sminuirne funzioni e significato – è la chiave per giudicare la sua qualità e la sua riconoscibilità nel tempo. Oggi, però, chi parla di “semplificazione” intende in genere “banalizzazione di una realtà complessa”, appiattimento di differenze e sottigliezze, soluzioni “prêt à porter”, pronte all’uso, e troppo facili per non avere controindicazioni anche piuttosto gravi.
Se questa è l’idea di semplificazione meglio lasciarla perdere perché in certi casi può mettere in discussione i fondamenti del nostro esistere, specie se la politica ci mette lo zampino.
Certi valori come democrazia, diversità e fiducia (nella scienza, nella tecnologia, nel futuro costruito insieme) possono vacillare sotto i colpi di certe semplificazioni grossolane. Basti pensare al successo di certi slogan populisti, alla rinascita di idee totalitarie, a cui si ridà una verniciatina esterna, al risorgere di promesse miracolose, di soluzioni definitive, di panacee illusorie, a cui i politici per primi non credono.
Problema complesso soluzione semplice, come dice Parisi? Purtroppo, non sempre è così.
Il prof. Giorgio Parisi che ha letto l’articolo che abbiamo pubblicato ci ha risposto sinteticamente: La ringrazio, ma non ho da replicare. Da parte nostra, ci dispiace che spesso studiosi prestigiosi vengano utilizzati dalle istituzioni come testimonial per portare avanti campagne pubblicitarie (vaccini, risparmio energetico, ecc.) non sempre condivisibili.
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