
E’ interessante il contributo di Daniel Innerarity che ha pubblicato il libro “Una teoria della democrazia complessa” (Castelvecchi, pagg. 384, 29 euro) che contesta ai politici il fatto di ragionare come 300 anni fa “in base agli stessi concetti di potere, sovranità, democrazia, rappresentatività” di quell’epoca, e si chiede quanto tali concetti “siano ancora appropriati per organizzare la convivenza nelle società del XXI secolo”.
L’autore si sofferma anche sul ruolo della conoscenza nella società digitale globalizzata, sostenendo che oggi sono più che mai necessarie persone, istituzioni che stabiliscano filtri e criteri, ma non alla maniera delle società tradizionali, riponendo fiducia cieca in un leader, bensì pluralizzando le fonti di informazione.
Non è più sull’individuo che occorre fissare l’attenzione, bensì sull’etica dei sistemi e delle organizzazioni, il che non significa sottovalutare le virtù personali ma ripensare la governance e immaginare sistemi nei quali le proprietà individuali siano meno rilevanti di quelle sistemiche.
Queste considerazioni ci sembrano molto appropriate anche se applicate alle organizzazioni aziendali, dove purtroppo in molti casi vige ancora una struttura gerarchica piramidale e non si è sviluppata l’idea di una possibile democratizzazione della governance.
Innerarity sostiene ancora che “Viviamo in società che hanno generato una complessità di attori, meccanismi, procedimenti in virtù dei quali è poco verosimile che un leader (malvagio o provvidenziale) realizzi grandi imprese. La democrazia in buona misura è delimitare il potere di chi è al governo. Il che circoscrive molto la capacità di governanti nefasti di fare grandi danni, sebbene si paghi col fatto che non possiamo aspettarci grandi cose dalla politica concorrenziale”.
Per lui, un valore importante nelle nostre società è il pluralismo. “È il rispetto dell’altro, il dibattito aperto, la libertà di espressione, l’inclusione di voci diverse ciò che assicura la razionalità. Le nostre società, molto pluraliste, hanno il grande vantaggio di rendere più difficile la persistenza nell’errore. Se non possiamo arrivare all’intera verità – che come diceva Rawls è un’aberrazione, perché incompatibile con la cittadinanza democratica – possiamo almeno evitare di insistere nell’errore. L’intelligenza dei sistemi, che oggi ci sembra naturale, è una grande conquista evolutiva nell’Europa del XXI secolo. Il pluralismo non è la soluzione, ma senza pluralismo non c’è soluzione”.