Intelligenza e stupidità. Un nuovo modo di essere intelligenti

Edward D. Hess

Tutti apprezziamo l’intelligenza nelle persone, quando la riscontriamo nella vita di ogni giorno e, soprattutto, nell’ambito del lavoro. Il problema, però, è che la definizione di intelligenza umana e i parametri che la caratterizzano stanno rapidamente cambiando e cambieranno sempre di più in futuro, costringendoci a rivedere – e giudicare – sotto una nuova luce il modo in cui le persone pensano e ragionano.

L’evoluzione delle tecnologie che riguardano l’intelligenza artificiale (AI) e l’apprendimento informatico (ML) è così rapida ed invasiva che mette in discussione il modo in cui abbiamo definito fino ad ora l’intelligenza umana, e ci costringe a prendere atto sia dei nostri limiti, in confronto alle capacità eccezionali di cui dispongono i nuovi strumenti informatici, ma anche, per fortuna, a riconoscere delle prerogative uniche che ci restano come esseri umani e che dovremmo fare il possibile per difendere.

Edward D. Hess, professore alla Darden Business School, sostiene una cosa abbastanza ovvia, cioè che nella nostra epoca i computer, le macchine intelligenti ne sanno più di quanto noi sapremo mai. Possono accedere alle informazioni molto più velocemente e farlo in modo più accurato di quanto potremmo mai.

Secondo Hess, la tecnologia dell’era digitale trasformerà completamente il mondo del lavoro. Nel prossimo decennio, tra il 25 e il 47% dei posti di lavoro sarà automatizzato. La nuova normalità sarà il cambiamento, la capacità di adattamento.

Dovremmo renderci conto che quello che pensiamo di sapere avrà una durata sempre più breve e le persone che avranno un lavoro nell’era digitale potranno competere soltanto se saranno in grado di eccellere nel fare ciò che la tecnologia non è in grado fare bene.

Su questo tema, Hess ha scritto un libro intitolato “Hyper-Learning” , cioè iper apprendimento che vuol dire essere capaci di imparare alla stessa velocità del cambiamento in modo da adattarsi continuamente e poter aggiungere valore al lavoro in modo che esso sia sempre significativo e renda la vita altrettanto significativa.

Un esempio di Vincenzo Ambriola, professore ordinario di informatica presso l’Università di Pisa. Inventare un programma per il Sudoku

Vincenzo Ambriola

Tempo fa si diffuse molto rapidamente il gioco del Sudoku. Incuriosito dalla novità iniziai a giocare e a completare “quadrati magici” sempre più impegnativi. Dopo un po’, essendo un informatico, decisi di scrivere un programma in grado di giocare a Sudoku e di completare i quadrati che mi mettevano in difficoltà. Rispolverando alcuni concetti di programmazione e usando un semplice algoritmo che procedeva “per tentativi” ottenni quanto desiderato. Non ero soddisfatto del risultato, poiché risolvere un problema per tentativi significa sfruttare la potenza di un calcolatore e non l’intelligenza, in questo caso la mia. Recentemente, dopo aver riletto il codice di quel programma l’ho riscritto, cercando di imitare i ragionamenti che facevo per giungere alla soluzione. Come temevo, però, il nuovo programma non riusciva più a completare i quadrati magici che mi avevano messo in difficoltà. La mia creatura, il nuovo programma, non riusciva più a superarmi, come faceva agevolmente quello scritto anni prima, ma dimostrava i limiti della mia intelligenza.

Quindi, una definizione di intelligenza basata solo sulla quantità è decisamente limitativa e fuorviante. Se dobbiamo ripensare all’intelligenza umana, essa deve fondarsi piuttosto sulla qualità del pensiero, cioè sulla capacità di ascolto, coinvolgimento e connessione con le altre persone e le altre idee.

Sempre secondo Hess, l’uomo potrà prosperare nell’era delle macchine intelligenti sfruttando proprio le caratteristiche che ci rendono più umani in particolare la capacità di ascolto, che ovviamente non significa tacere quando parlano gli altri, ma porre domande migliori, essere di mentalità aperta, cercare di comprendere veramente i punti di vista delle altre persone e riuscire a ricavarne un senso comune.

Dare valore autentico all’empatia

Se non riusciamo a farlo bene, i computer avranno la meglio. Stessa cosa se non riusciremo a gestire in modo più efficace le nostre emozioni e quelle degli altri. Il che significa maggiore attenzione ai nostri pensieri interiori, ai fattori scatenanti certe reazioni, al controllo sul nostro mondo emotivo.

Per costruire relazioni sane con le altre persone, sia a livello professionale che personale, la gestione delle emozioni non può riguardare solo il nostro mondo interiore. Occorre essere in grado di entrare in empatia con gli altri in modo che si sentano compresi e apprezzati. Questo è fondamentale per costruire relazioni di fiducia, una valuta fondamentale per la convivenza e, naturalmente, anche nel mondo degli affari.

Per fare questo, sostiene Hess, dobbiamo “essere in sintonia con le espressioni emotive e i bisogni degli altri”. Ciò implica riconoscere e decodificare accuratamente i segnali verbali e non verbali di coloro che ci circondano. Anche se questo può essere uno sforzo impegnativo, è un cambiamento necessario per adattarsi al nostro nuovo mondo.

Insomma, l’era dell’avvento di macchine sempre più intelligenti può essere visto come un momento drammatico e spaventoso ma, per reazione, potrebbe anche costringere l’umanità a cambiare finalmente registro, e a pensare sempre di più a una crescita sia individuale che collettiva che metta in luce le nostre più autentiche potenzialità.

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