
Nel mondo del lavoro si parla sempre più di emozioni che condizionano i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Ci sono, naturalmente, diversi tipi di emozioni. Quelle più forti rischiano di far deragliare il comportamento anche del leader più sicuro di sé. Parliamo di quando ci sentiamo in balia della rabbia, del risentimento e reagiamo di conseguenza senza valutare opportunamente gli effetti di tale reazione. O pentendosene a cose fatte e ripromettendosi di non ricaderci mai più.
Allora qual è il problema? Certamente non sono le nostre emozioni. E’ giusto che ci siano e che si facciano sentire. Siamo esseri umani dopotutto. Il punto cruciale è la loro cattiva gestione. Come ben sappiamo, i fattori emotivi incontrollati portano a prendere decisioni affrettate e sbagliate, aumentando la probabilità di conflitti non necessari. Per questo motivo, occorre che le emozioni vengano in qualche modo regolamentate dalla stessa persona che ne cade vittima.
’autoregolazione però non significa reprimere, evitare o placare le emozioni. Anche l’autoregolazione delle emozioni fa parte del compito di un leader, il quale di fronte ad esse deve fare in modo di passare da una reazione automatica ad una risposta intenzionale.
Accogliamo quindi il suggerimento di Marlene Chism, consulente ed educatrice, che sostiene che vi siano due sistemi per raggiungere una proficua autoregolazione delle proprie emozioni: Integrità emotiva e ristrutturazione cognitiva. Vediamole una per una.
Integrità emotiva
Bisogna distinguere tra consapevolezza emotiva, intelligenza emotiva e integrità emotiva. In estrema sintesi, la prima consente di capire come l’energia emotiva agisce attraverso il proprio corpo e la seconda consente di verificare ed esprimere le emozioni, gestendo le relazioni interpersonali con giudizio ed empatia.
L’integrità emotiva fa un passo più avanti attraverso la trasparenza intenzionale, cioè la capacità (o meglio la volontà) di far sapere agli altri ciò che sta accadendo dentro di noi, non con l’intento di incolpare qualcuno ma per coinvolgerlo perché comprenda meglio il nostro stato d’animo.
Questa operazione può avvenire in momenti diversi, iniziando dal controllo della propria esperienza. Occorre affrontare la reazione (rabbia, risentimento, ecc.) che sentiamo che sta per scatenarsi, senza eccessiva autocritica: anche se si capisce che si sta provando un sentimento non troppo “nobile”, non significa che dobbiamo giudicarci una cattiva persona. Si tratta di un’esperienza umana per quanto spiacevole e si può averne il controllo per esempio, prendendo tempo e dicendo apertamente: “Questa cosa mi ha fatto arrabbiare. Lasciate che la metabolizzi, Ne parleremo più tardi”.
Ristrutturazione cognitiva
Quando si sente il bisogno di reagire, lasciandosi dominare da sentimenti estremi significa che il cervello emotivo (l’amigdala nel sistema limbico) ha il sopravvento sul cervello “pensante”, cioè la corteccia prefrontale, dove vengono prese le decisioni più controllate.
La ristrutturazione cognitiva, in sostanza, cambia la prospettiva. Si diventa consapevoli dei fattori che stanno scatenando la nostra risposta riflessa e così facendo siamo in grado di cominciare a dominarli.
All’inizio questo comportamento sarà difficile, quasi innaturale, ma prendere tempo, fare una pausa (ricordare il consiglio di contare fino a dieci) permette di riprendere il pieno controllo di se stessi. E se questo diventa un’abitudine, ci si renderà conto di avere un controllo in più su le nostre reazioni, il che sarà utile per accrescere la nostra autostima.
Ricordiamoci sempre che la corteccia prefrontale ha bisogno di un po’ più di tempo per entrare in funzione e dobbiamo lasciarglielo.