Imparare a controllare le emozioni

Marlene Chism

Nel mondo del lavoro si parla sempre più di emozioni che condizionano i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Ci sono, naturalmente, diversi tipi di emozioni. Quelle più forti rischiano di far deragliare il comportamento anche del leader più sicuro di sé. Parliamo di quando ci sentiamo in balia della rabbia, del risentimento e reagiamo di conseguenza senza valutare opportunamente gli effetti di tale reazione. O pentendosene a cose fatte e ripromettendosi di non ricaderci mai più.

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Fiducia in sé, rispetto di sé e stima di sé nascono dalle relazioni con gli altri

Axel Honneth

Secondo Axel Honneth (il suo saggio, scritto insieme a J. Anderson, si intitola Autonomy, Vulnerability, Recognition, and Justice) le tre proprietà menzionate nel titolo sono aspetti essenziali della ‘relazione pratica’ con il proprio sé, e possono svilupparsi solo grazie al riconoscimento reciproco in un orizzonte di socialità.

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Autosabotaggio: certe volte i peggiori nemici siamo proprio noi!

Cerchiamo prima di tutto di definire cosa si intende per autosabotaggio. E’ un meccanismo simile a quello che si riscontra anche in fisiologia ed è simile a una malattia autoimmune, cioè caratterizzata da una disfunzione del sistema immunitario che induce l’organismo ad attaccare i propri tessuti.

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Ti sei simpatico? L’autocompassione, in sostanza, sta tutta qui!

Il momento che stiamo attraversando è piuttosto complicato. Viviamo in una situazione di incertezza continua a cui la pandemia ha dato un contributo non indifferente. Oltretutto, ci accorgiamo che il mondo intorno a noi sta cambiando alla velocità della luce e non possiamo prevedere né controllare il futuro.

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💡 I media digitali inducono alla dipendenza

«I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche». C’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana. I rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza. Non costruiscono veramente un “noi”, ma solitamente dissimulano e amplificano lo stesso individualismo che si esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli. La connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire l’umanità.

Nel mondo digitale operano giganteschi interessi economici

Non va ignorato che «operano nel mondo digitale giganteschi interessi economici, capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico. Il funzionamento di molte piattaforme finisce spesso per favorire l’incontro tra persone che la pensano allo stesso modo, ostacolando il confronto tra le differenze. Questi circuiti chiusi facilitano la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio».

Demolire l’autostima di qualcuno è un modo facile di dominarlo. Dietro le tendenze che mirano ad omogeneizzare il mondo, affiorano interessi di potere che beneficiano della scarsa stima di sé, nel momento stesso in cui, attraverso i media e le reti, si cerca di creare una nuova cultura al servizio dei più potenti. Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono. D’altra parte, ignorare la cultura di un popolo fa sì che molti leader politici non siano in grado di promuovere un progetto efficace che possa essere liberamente assunto e sostenuto nel tempo.

La “maledizione del vincitore” e l’asta della coscienza

In un articolo su “Il Sole 24 Ore”, Paolo Legrenzi, Professore emerito di psicologia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e Presidente del comitato scientifico di X-ITE, centro di ricerca LUISS, riflette sul concetto della “maledizione del vincitore” (winner’s curse), assimilando tale comportamento con il rapporto che le persone hanno con la propria coscienza.

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Autocoaching: la procedura S.T.A.R.S.

E’ uscito recentemente un libro prezioso. Si intitola “Time to Mind. Velocità ed efficacia dell’apprendimento: il nuovo vantaggio competitivo di imprese e individui” e l’ha scritto Gian Carlo Cocco. E’ una guida approfondita e utilissima per ridurre drasticamente i tempi necessari per consentire a coloro che operano nelle aziende di acquisire nuove competenze tecniche e comportamentali.

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Daniela Bandera. Alle donne non manca l’autostima, manca il riconoscimento. (Seconda parte)

Nella seconda parte del suo intervento, Daniela Bandera – Sociologa delle organizzazioni e del lavoro, Amministratrice Delegata di Nomesis – Intelligence for solutions e Presidente Nazionale di EWMD Italia – European Women’s Management Development – si pone alcune domande sul ruolo delle donne nel loro percorso di emancipazione.

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