Rileggere Giovanni Verga, a cento anni dalla sua morte, e la famosa novella “La roba”, con protagonista il vecchio Mazzarò, ricchissimo e avaro, ormai prossimo alla morte, è importante. Perché ci può insegnare qualcosa anche riguardo al capitalismo di oggi, all’ incapacità di questo sistema di accumulo di ricchezza di lasciare a chi viene dopo di noi, un pianeta sano anziché, come sta accadendo, una terra devastata dalle guerre, ferita dalla ricerca ossessionante, illimitata e sfrenata del suo sfruttamento.
Ci sembra utile stralciare dal libro “L’impresa enciclopedia” di Gianfranco Dioguardi, con prefazione di Federico Butera, edito da Guerini NEXT, un brano davvero illuminante su come viene intesa la cultura nella società di oggi.
Dalla prefazione al libro in oggetto di Roberto Diodato, stralciamo alcuni brani significativi.
“…la costituzione stessa della forma d’epoca contemporanea, effetto di trame storico-culturali particolarmente complesse (…) ha prodotto un semplice risultato: siamo diventati una specie nuova, almeno per quanto oggi è di massa: l’uomo consumatore, e come tale abbiamo depredato senza remore l’ambiente e sfruttato senza pietà i più deboli, cercando in tutti i modi, spesso raffinati e intelligenti, di rimuovere e anestetizzare il nostro senso di colpa.”
Tra gioia effimera e insoddisfazione felice
Jean Soldini
“Concentrati su noi stessi, sui nostri desideri, abbiamo ridotto il nostro personale sentire, sentire noi stessi, il mondo, gli altri, a non essere altro che la ripetizione del già sentito, di un immaginare, gustare, provare emozioni e sentimenti costruito altrove da dispositivi potenti, da pervasivi intrecci tra sapere e potere che hanno come obiettivo fondamentale il profitto, e il potere in funzione del profitto, per raggiungere il quale producono in noi una gioia insieme costante ed effimera, una perenne insoddisfazione felice.”
Riflettiamo su una frase molto importante di Francis Scott Fitzgerald, “essere capaci di vedere che le cose sono senza speranza, e tuttavia essere decisi a cambiarle”.
Il problema oggi è che diventa sempre più difficile parlare con gli altri senza avere in mente uno scopo preciso, una finalità. E’ quasi ovvio che sia così in una società che ha fatto del consumismo una filosofia comportamentale che ha ormai impregnato ogni nostro rapporto.
Ecco alcune considerazioni, tratte dal sito “HR on Line”, diretto da Paolo Iacci*, che vanno lette, approfondite e condivise il più possibile perché colgono in pieno aspetti fondamentali del cambiamento della società. Un cambiamento ormai irrinunciabile.
Sul tema del consumismo, abbiamo rivolto alcune domande ad Aldo Berlinguer, professore presso la facoltà di Scienze economiche e giuridiche dell’Università di Cagliari e collaboratore de “Il Sole 24 Ore”.
Abbiamo molto apprezzato un bell’articolo, intitolato “La pandemia consumistica” scritto da Aldo Berlinguer, docente presso l’Università di Cagliari e apparso il 28 luglio scorso ne “Il Sole 24 Ore”. La paura del Covid ha frenato almeno inizialmente la spinta consumistica, sembra infatti che gli italiani in questi ultimi tempi stiano risparmiando di più. L’incertezza del futuro dovuto alla pandemia ha avuto un ruolo importante. (Nei quattro mesi della pandemia, i risparmi degli italiani avrebbero raggiunto la cifra record di 7,3 trilioni di euro).
E’ davvero così? Le ideologie non esistono più? La nostra è una società libera da ogni forma di ideologia? Siamo sicuri? E siamo contenti di questo? In realtà, gli “ismi” ci hanno fatto sempre paura. Nascondono qualcosa di pericoloso e totalizzante. E quando qualcosa è totalizzante riduce, fino ad eliminarla alla radice, qualsiasi libertà di giudizio.
Riportiamo dal New York Times di ieri alcuni spunti di economisti e studiosi che hanno riflettuto sulla pandemia di coronavirus e sulla devastante recessione che colpirà il mondo.