
Anche nei thriller spesso si trovano spunti interessanti di riflessione sui problemi che a noi stanno a cuore. E’ successo con il romanzo “Sotto la cenere” di Camilla Grebe, nel quale si parla del narcisismo sui social network.
Anche nei thriller spesso si trovano spunti interessanti di riflessione sui problemi che a noi stanno a cuore. E’ successo con il romanzo “Sotto la cenere” di Camilla Grebe, nel quale si parla del narcisismo sui social network.
«I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche». C’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana. I rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza. Non costruiscono veramente un “noi”, ma solitamente dissimulano e amplificano lo stesso individualismo che si esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli. La connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire l’umanità.
Nel mondo digitale operano giganteschi interessi economici
Non va ignorato che «operano nel mondo digitale giganteschi interessi economici, capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico. Il funzionamento di molte piattaforme finisce spesso per favorire l’incontro tra persone che la pensano allo stesso modo, ostacolando il confronto tra le differenze. Questi circuiti chiusi facilitano la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio».
Demolire l’autostima di qualcuno è un modo facile di dominarlo. Dietro le tendenze che mirano ad omogeneizzare il mondo, affiorano interessi di potere che beneficiano della scarsa stima di sé, nel momento stesso in cui, attraverso i media e le reti, si cerca di creare una nuova cultura al servizio dei più potenti. Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono. D’altra parte, ignorare la cultura di un popolo fa sì che molti leader politici non siano in grado di promuovere un progetto efficace che possa essere liberamente assunto e sostenuto nel tempo.
Sto partecipando a un convegno, seduto in seconda fila. E seguo con attenzione il relatore perché l’argomento è interessante. Purtroppo, però, anch’io vengo distratto, seppure non lo voglia. Infatti, la mia attenzione viene attirata da una ragazza che seduta accanto a me ripete gli stessi gesti, in modo compulsivo, più volte.
Qual è l’effetto principale della tossicodipendenza, a parte le conseguenze fisiche ben note se si tratta di assunzione di particolari sostanze (droghe, alcool, farmaci, ecc.)? E’ la compromissione del processo decisionale. Che significa non essere più capaci di prendere delle decisioni autonome (indipendentemente dal fatto che alla fine risultino giuste o sbagliate…).
Adam Alter ha scritto un libro che sta avendo un certo successo. Si intitola “Irresistible: The Rise of Addictive Technology and the Business of Keeping Us Hooked” in cui analizza le ragioni della dipendenza tecnologica che ci obbliga a un comportamento compulsivo di fronte agli strumenti digitali e ai social media che utilizziamo.