
Giulio Guarini, economista dell’Università della Tuscia, sostiene che il “divorzio della libertà economica dalle libertà civili, sociali e politiche fabbrica catene” e ne individua almeno 4:
- La “catena dell’individualismo sfrenato”, basato sulla competizione e sul disprezzo di chi resta indietro perché “se lo è meritato”.
- Quella del “sottocosto” . “Da una parte, il sistema produttivo è sempre più governato da una finanza globalizzata e speculativa che esige guadagni immediati e detta alle imprese strategie di breve termine orientate a una competizione verso il basso, incentrate sulla riduzione del costo del lavoro e sempre meno sugli investimenti nella qualità e nella valorizzazione del capitale umano. Dall’altra, i consumatori di fronte alla riduzione del potere d’acquisto reagiscono andando alla ricerca del minor costo che quasi mai corrisponde al prezzo giusto”.
- A questa “alleanza di irresponsabilità” si unisce la “catena della precarietà”, quando la flessibilità diviene lo strumento per ridurre il potere contrattuale dei lavoratori e liberare il capitale finanziario dai vincoli sociali e ambientali.
- Infine, la catena dell’austerità: i tagli indiscriminati alla spesa pubblica diventano pesi insostenibili sulle spalle dei settori più fragili.
Una chiosa finale, non di una rivoluzionaria ma della teologa svizzera Ina Praetorius, “l’economia è cura, l’opposto del modello neoliberista dominante che mette il profitto al di sopra di tutto. E, in questo modo, genera le condizioni per lo sfruttamento”.