A gennaio è uscito anche in Italia il libro “Tu sei il potere”, di Julie Battilana e Tiziana Casciaro per Rizzoli. La prima insegna Business Administration alla Harvard Business School, la seconda Organizational Behavior e HR Management alla Rotman School di Toronto.
Uguaglianza
DI&T: differenza, inclusione e tolleranza in azienda
DI&T: questa sigla negli USA significa diversità, inclusione e tolleranza. Nelle aziende americane esistono programmi che riguardano in particolare le minoranze, per così dire, conclamate, e cioè razza, religione. Di fronte a queste iniziative, qualcuno potrebbe essere portato a credere che il problema non lo riguardi da vicino, non ritenendo di far parte di alcuna minoranza.
Libertà a braccetto con uguaglianza e fraternità
La libertà, il cui valore fondamentale è legittimamente sostenuto, deve essere integrata da altri due principi: dall’ uguaglianza e dalla fraternità.
Il maggior problema del liberalismo a nostro parere è che è quanto mai deficitario ad ideare e a realizzare connessioni valide con questi ultimi due principi: o li tralascia oppure le connessioni, e così anche i contenuti degli stessi, divengono distorti.

Tranne forse la teoria di John Rawls, non sono stati ancora cercati e trovati i modi di integrazione e di interconnessione tra questi principi. Finora si è rimasti alle diverse forme di combinazione della libertà con l’uguaglianza, tralasciando la fraternità, giacché si è pensato che l’uguaglianza non sia altro che la solidarietà realizzata dagli istituti dello Stato, cioè nient’altro che una solidarietà verticale (statuale) istituzionalizzata.
Adesso ci si rende ormai conto che la fraternità è qualcosa di più della solidarietà ed, inoltre, che questi principi non possono essere riassunti nell’attività redistributiva della Stato. Per poter realizzare il principio della fraternità, il terzo elemento dello slogan della rivoluzione francese, è indispensabile l’esistenza di una società civile forte, con le forme di azioni e di organizzarsi specifiche di essa.
Si deve tener presente che nessuno dei tre valori è riconducibile agli altri due, sicché ognuno porta in sé un valore a sé stante e del tutto peculiare mentre in un contesto politico ricevono il loro vero e giusto contenuto concreto solo se vengono riconnessi l’uno con l’altro in modo corretto nell’attività governativa guidata dalla virtù della prudenza politica.
(da: Jànos Frivaldszky, “L’antropologia e i principi del buon governo”, Università Cattolica Pázmány Péter, Budapest)
La libertà e le imprese
Il principio fondamentale del liberalismo è questo: quante più persone possibile dovrebbero avere la massima libertà sulla direzione che prenderà la loro vita. Espresso in questa forma, il liberalismo, come ai tempi di John Locke, è impegnato sia per la libertà che per l’uguaglianza…
Per quanto riguarda la libertà, i liberali vogliono per la persona ciò che Thomas Jefferson voleva per il paese: l’indipendenza. Quando non abbiamo altra scelta che accettare il potere di qualcun altro su di noi, non riusciamo a pensare da noi stessi, siamo limitati a condizioni di esistenza che assomigliano a una lotta senza fine per la sopravvivenza, non siamo in grado di pianificare il futuro e non possiamo possedere una dignità umana elementare. La vita autonoma è quindi la vita migliore. Abbiamo il potenziale, e siamo quindi responsabili della sua realizzazione, per essere padroni del nostro destino.
Ma allora, l’esistenza delle aziende con la loro struttura gerarchica, le loro regole amministrative, il rapporto di dipendenza che richiedono a chi lavora con loro non contrasta con l’idea che le persone sono libere, autonome e formalmente uguali?
(da: Alan Wolfe, “The Future of Liberalism”)
Democrazia, politica, volontariato
10 domande per capire se vale la pena o no seguire un leader
Segnaliamo volentieri un contributo di Kathy Caprino, scrittrice, collaboratrice di Forbes, ed esperta di formazione, in particolare nei confronti delle donne in carriera.
Uguaglianza di genere sul lavoro. Perché non cominciare dagli uomini?
Le donne sono svantaggiate sul posto di lavoro in molti modi. Lo sappiamo, purtroppo. A cominciare dalla differenza nella retribuzione, a parità di compiti e di responsabilità, fino alle molestie sessuali e alla difficoltà di venire promosse quando se lo meritano, in modo equo e tempestivo. Il famigerato “soffitto di cristallo”.
Basta con la felicità a tutti i costi!
Siamo nell’epoca della dittatura della felicità? Sembrerebbe di sì, stando almeno al saggio di Edgar Cabanas e Eva Illuoz, Codice Edizioni, Torino, €20, intitolato “Happycracy, Come la scienza della felicità controlla le nostre vite”.
Il risentimento non genera solidarietà
Il prof. Ugo Perone – filosofo, docente Humboldt-Universität di Berlino – nel suo illuminante saggio “Otto tesi per la sinistra” sulla rivista “Spazio Filosofico” scrive, tra l’altro: “…sulla scena sociale è intervenuto un fattore inedito: il risentimento. Presso i conservatori aveva spazio la paura: la paura di perdere ciò che si aveva (fosse anche poco), presso i progressisti la fiducia che attraverso lotta e progresso si potesse rimediare alle ingiustizie. Ma né la sinistra né la destra si nutrivano di risentimento, che implica un desiderio di rivalsa per quello che non si ha a danno di chi l’ha o minaccia di ottenerlo. Il risentimento è invece diventato dominante presso tutti gli orientamenti: verso i profughi non si prova solo paura ma risentimento, così che non si accetta nemmeno che essi ottengano gli stessi diritti degli altri cittadini; verso le élite dominanti si prova risentimento per i privilegi che hanno accumulato: non è però un’ansia di uguaglianza, ma un semplice desiderio di livellamento; verso i più vecchi cresce l’insofferenza, e si sbandiera una rottamazione come semplice sostituzione che non ha nulla da spartire con le illusioni utopistiche sessantottine; verso il sapere cresce la derisione, si devastano i congiuntivi e si abbandonano scuola e università.
Uguaglianza e leader, secondo Alain Badiou. Il leader naturale è chi sa convincere grazie a un’idea forte

Alain Badiou, filosofo, scrittore, professore all’Ėcole Normale Supérieure di Parigi, è convinto che sia necessaria la soppressione delle gerarchie sul lavoro. In altri termini, va ripensato il lavoro per poter abolire l’ordine dominante che ha distribuito e gerarchizzato le funzioni lavorative.