Riccardo Mazzeo: la tracotanza del potere (seconda parte)

Francesco Guicciardini

Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista rilasciataci da Riccardo Mazzeo. Una analisi un po’ impietosa, ma purtroppo realistica, delle abitudini italiane riguardo al potere.

Chi non abbassa la testa è solo il 5%

Quali argini hanno le imprese tradizionali (se li hanno) per contrastare l’abuso del potere istituzionale finalizzato a principi non etici?
Il mondo è destinato a rimanere chiaroscurale, impastato di bene e di male. Le persone di buona volontà ovviamente possono fare molto per rendere la vita che viviamo meno fangosa, meno plumbea, e assistiamo ogni giorno a sforzi salvifici in questo senso da parte di aziende che traggono soddisfazione dal lavoro di armonizzazione che compiono riuscendo a far cooperare i dipendenti, rispettandoli e compensandoli come è giusto che sia. Va da sé che nel nuovo paradigma strenuamente individualizzato in cui ci troviamo ciò non sia frequente, ma esiste un godimento non mortifero che può derivare dal fare la cosa giusta, come dicevamo c’è un 5% di resistenza virtuosa a qualunque costo.

Smascherare i falsi “codici etici” delle aziende è più facile nelle democrazie

Un’azienda tradizionale ha come principio il profitto. In nome di questo principio, anche se infrange regole etiche, ogni altro obiettivo diventa secondario? Quanto gli orientamenti ideologici di un’azienda contribuiscono all’elaborazione di esigenze morali che sottendono comportamenti odiosi, di scarso rispetto per gli altri, per la natura, ecc.? Oggi quasi tutte le imprese si sono dotate di un codice etico. Che valore può avere?  Serve solo per tutelare la propria immagine?
L’annebbiamento degli scenari, il relooking adottato regolarmente dai politici, vale anche per le aziende che hanno bisogno di accreditarsi come eticamente appropriate. Non ci si può fermare alla vernice delle dichiarazioni altisonanti o di codici tanto meritori quanto assimilabili a mazzi di carte truccate. Certo è che lo smascheramento dei codici truffaldini può avvenire più facilmente dove sopravviva la democrazia, e assistiamo purtroppo a una celebrazione via via crescente degli Stati cosiddetti “forti”, in cui la libertà di stampa e di espressione viene progressivamente erosa: basta pensare alla Russia, all’Ungheria, alla Polonia, alla Turchia, senza dimenticare i pericoli tremendi che corre il nostro stesso Paese affidato a Salvini…

Aspettiamo che si esaurisca la bolla di cinismo ed egoismo in cui siamo finiti

Noi abbiamo segnalato numerosi casi di aziende che abbandonano il criterio piramidale e gerarchico nella loro organizzazione e scelgono altre soluzioni (self-management, olocrazia, team organization, entreprise libérée, ecc.). Il futuro lo immaginiamo con aziende più libere, collaboratori trattati da adulti, responsabilizzati non controllati, con una cultura condivisa senza regole imposte, autonomi e non passivi esecutori. È un’utopia? O l’essere integri moralmente potrà rappresentare sempre più in futuro la carta vincente nel mercato?
L’integrità morale è un valore che fino a qualche decennio fa non solo aveva diritto di cittadinanza ma rappresentava il presupposto non rinunciabile per la rispettabilità. Dobbiamo riflettere che un tempo un contratto sancito da una stretta di mano era a prova di bomba, perché “perdere la faccia” avrebbe significato l’esclusione dalla comunità. Nel mondo globalizzato in cui siamo oggi, con un sistema tecnico centralizzato e i flussi globali che volano sopra le teste dei governanti, la Gemeinschaft, la comunità, è diventata anacronistica. Gli stessi politici esternano a vanvera e si rimangiano quel che hanno detto il giorno prima senza che nessuno reagisca. Credo che la sbornia di cinismo e di egoismo, ciascuno preoccupato solo della propria bolla, debba esaurirsi affinché i valori a tutela del “noi” possano essere recuperati e rinobilitati.

Gli italiani hanno la tendenza a cercare un padrone per mettersi al suo servizio

Come interpreta la frase di uno scrittore (Jonathan Snow) che dice: “Il maggior numero di crimini sono perpetrati in nome dell’obbedienza piuttosto che della rivolta”?
Esiste da sempre un’irresistibile tendenza a comportarsi come moutons de Panurge, come pecorelle capaci di gettarsi in un fosso seguendo le sorelle piuttosto che fermarsi a riflettere e assumersi rischi individuali. Noi italiani, poi, siamo particolarmente versati in questo senso. Lo ricordavano già Guicciardini e poi Leopardi, abbiamo sempre cercato un capo, un padrone, qualcuno di importante per metterci al suo servizio. E non c’è limite a quanto si possa fare protetti, e direi quasi fasciati, dai pannolini caldi di un’autorità superiore a cui obbedire fiduciosi.


Riccardo Mazzeo è stato editor storico della Erickson. Filosofo e intellettuale lucido e acuto, è stato traduttore dal francese e dall’inglese di importanti pensatori, tra i quali Albert Bandura, di cui ha tradotto il famoso saggio  “Disimpegno morale” e, soprattutto, Zygmunt Bauman, di cui divenne  amico e che considera suo maestro e padre spirituale. Riccardo Mazzeo ha pubblicato come autore numerosi libri. Tra i più recenti, con Ágnes Heller, “Il vento e il vortice. Utopie, distopie, storia e limiti dell’immaginazione” (Erikson, 2015), e  con altri, tra cui Edgar Morin, “Parlare di ISIS ai bambini” (Erikson, 2016), “Il musulmano e l’agnostico: sguardi sul mondo contemporaneo” con Tariq Ramadan (Erikson, 2017) ed “Elogio della letteratura” con Zygmunt Bauman (Einaudi, 2017). Sta lavorando alla traduzione del libro di Gilles Lipovetsky ”Plaire et toucher. La société de séduction”, che uscirà in marzo per Raffaello Cortina.

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