Attento alla faccia che fai quando parli agli altri

Un leader che si rispetti, secondo Anne Sugar (executive coach per la Harvard Business School Executive Education), deve avere una “faccia da poker”, cioè tale che non sia possibile scoprire quali sono i suoi veri sentimenti. In altri termini, secondo la studiosa, il leader dovrebbe assumere una espressione “neutra”, cosa che in qualsiasi tipo di comunicazione sarebbe invece preferibile evitare.

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L’Occidente è solo strano o anche sbagliato?

Joseph Henrich

Il libro di Joseph Henrich, “Weird” edito Il Saggiatore, ci permette di guardare al nostro mondo occidentale da una posizione privilegiata. Come se non fossimo coinvolti direttamente ma come se lo guardassimo da lontano (nello spazio e nel tempo) grazie a un esame antropologico e biologico.

L’uomo occidentale, secondo l’autore, è WEIRD, strano, che è l’acronimo di WESTERN, EDUCATED, INDUSTRIALIZED, RICH, DEMOCRATIC. Tutti aggettivi che giudichiamo positivi se visti da vicino e di cui ci vantiamo. Ma in prospettiva tutti questi attributi nascondono aspetti negativi e sono molto meno condivisibili.

Abbiamo colonizzato mari e terre, esportando il nostro modo di pensare, legittimando o cancellando culture diverse. Abbiamo sfruttato e inquinato il mondo intero per vivere meglio a scapito degli altri meno fortunati. Forse, è vero, che siamo una forma di umanità anomala.

C’è qualche speranza di cambiare rotta o il nostro è l’unico mondo possibile? O, forse, siamo arrivati alla fine della corsa e, volenti o nolenti, saremo costretti a cambiare?

La guerra e le aziende. Metafore e realtà

Nessuno si scandalizza per il fatto che la gestione di un’azienda si possa avvalere di tecniche e strategie legate alla guerra. Sappiamo bene, ad esempio, quanto sia stato importante (e lo sia ancora) il manuale di Carl von Clausewitz sulla guerra, abbondantemente applicato anche alle realtà aziendali dopo averne adeguato il lessico e adattate determinate situazioni.

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Un grande paradosso: il progresso non sempre va a braccetto alla libertà

Da un articolo di Massimiliano Valerii (Avvenire, 9 giugno)

…Alle nostre latitudini il progresso sociale ha iniziato la frenata, lasciando una scia di delusione, frustrazione e incertezza. Si è trasferito in altre regioni del mondo e – cosa più importante di tutte – per la prima volta si è separato dal parallelo cammino della libertà.

Non solo. Nel frattempo anche la libertà nei paesi occidentali non sembra più così tutelata come in passato. (nostro commento)

La Cina, per esempio, ha compiuto avanzamenti sociali straordinari in un arco di tempo brevissimo. Negli ultimi trent’anni, il Pil è aumentato di 14 volte, il tasso di mortalità infantile è stato ridotto da 42 a 7 ogni mille nati, l’aspettativa di vita si è allungata da 69 a 77 anni, il tasso di iscrizione all’università è passato dal 3 al 58 per cento dei giovani che concludono gli studi superiori, la popolazione in miseria era pari a due terzi del totale e oggi è appena lo 0,5 per cento. All’impetuoso sviluppo dell’economia si è accompagnato l’accesso di massa ai consumi, così anche in quel paese si è formata un’ampia classe media, più sana, più istruita, più benestante. Eppure in Cina il potere è in mano a un regime autoritario e illiberale.

Questo vuol dire che la crescita economica e il miglioramento delle condizioni sociali non sono necessariamente correlati con un maggiore grado di libertà. Allora, a cosa serve la libertà, se una società può stare meglio anche senza essere libera?

Negli anni a venire le società aperte dell’Occidente dovranno misurarsi con questo interrogativo lacerante. Insinuandosi come un tarlo nelle coscienze, il dubbio può corrodere il loro basamento, vale a dire l’idea che la libertà sia l’elisir più prezioso, essenziale, indispensabile per l’emancipazione umana, per accrescere la prosperità degli individui e le fortune dei popoli.

Infine, bisogna riflettere su quale tipo di libertà sono in grado di offrire fin da ora le società aperte dell’Occidente. (nostro commento).