Amor proprio, egoismo, orgoglio

Jean-Jacques Rousseau

Secondo Rousseau «due passioni, chiamate amour de soi e amour propre delimitano il percorso della storia interiore, tanto individuale quanto collettiva, e, come le maschere di un’antica rappresentazione, si contendono il possesso dell’anima umana».

L’amore di sé corrisponde all’istinto che ci fa interessare ardentemente al nostro benessere e alla conservazione di noi stessi.

L’amor proprio richiama, invece, la dimensione sociale dell’«orgoglio», quella che «emerge quando l’io, pensandosi come uno tra molti, comincia ad affidare la consapevolezza di sé alla testimonianza delle altre coscienze»

Contro l’egoismo per la mitezza

Remo Bodei

La mitezza è un valore che si è andato perdendo. Spesso, oggi parliamo di mitezza come fosse un atteggiamento passivo, una debolezza, quasi una viltà, un comportamento del tutto inadeguato ad affrontare la realtà di ogni giorno che è dura, arcigna e che pretende persone sempre sul “chi va là”, pronte a difendersi, a reagire, che vedono nell’altro il nemico da eliminare.

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Attenti al fascino discreto del “vittimismo”

Passare per “vittime” in qualsiasi circostanza – compresa la guerra – dà prestigio, impone l’ascolto da parte degli altri, favorisce la commiserazione e l’autocommiserazione, promuove il riconoscimento, conferisce uno status, attiva la solidarietà, permette di giudicare in modo assolutamente negativo e senza alcuna attenuante chi ha aggredito, liberando nel contempo la vittima da qualsiasi colpa.

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Approfittane! Se non lo fai tu, lo farà un altro!

Quali sono le tentazioni, qual è “il veleno delle passioni” in cui si radica il male? Il potere, il possesso. Da queste seducenti attrattive parte l’azione maligna dell’uomo. L’uomo cede quando sente dentro di sé questo messaggio, subdolo ma da cui è difficile difendersi: “Sfrutta la tua posizione per soddisfare i tuoi bisogni personali e accrescere il tuo potere. Non lasciar perdere l’opportunità, l’occasione, pensa al tuo profitto”.

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La leadership “antirisonante”

Il problema principale di un leader “antirisonante” nasce proprio dal fatto che lui non si reputa alla pari delle altre persone che stanno intorno a lui o che lui ha il compito di guidare. Questo tipo di leader si ritiene ben al di sopra di loro.

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Global Inclusion: nessuno escluso! Per contare tutti bisogna conta… minare

Ecco alcune considerazioni, tratte dal sito “HR on Line”, diretto da Paolo Iacci*, che vanno lette, approfondite e condivise il più possibile perché colgono in pieno aspetti fondamentali del cambiamento della società. Un cambiamento ormai irrinunciabile.

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Il liberalismo? E’ un rinoceronte. Ma attenti al corno!

In un libro uscito recentemente per Guanda Editore, “Il manifesto del rinoceronte. L’avventura del liberalismo”, Adam Gopnik, scrittore e giornalista, svolge una appassionata difesa del liberalismo. Riconosce che le idee liberali si sono poste sempre in una posizione intermedia e, quindi piuttosto scomoda, tra quelle di stampo conservatore e quelle che predicano spinte radicali o rivoluzionarie.

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Il capitalismo: la società dei rottweiler

Chi ha una certa età – diciamo sui settant’anni – non può dare una valutazione obiettiva del capitalismo. Ricorda vagamente (perché era piccolo) la crisi del dopoguerra ma non può non entusiasmarsi ripensando all’epoca della ripresa, al boom economico, al clima di entusiasmo di quegli anni, ai miglioramenti concreti nella vita di ogni giorno, alle speranze per un futuro sempre migliore. Un figlio di operaio (come il sottoscritto) ha potuto frequentare l’università e aspirare a un lavoro più qualificato, ben retribuito, tranquillo anche dal punto di vista pensionistico.

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Processo decisionale e ambiguità dei manager. Le giustificazioni “motivate”

Siamo sicuri che i manager in ambito aziendale prendano le loro decisioni sempre con senso di responsabilità, mente chiara e cuore aperto? Nessuno lo è. Anche perché varie ricerche empiriche hanno dimostrato il contrario, cioè che i manager aziendali nelle loro decisioni fanno prevalere molto spesso aspetti egoistici.

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Io o noi? Qui, si vede il vero leader

Margaret Thatcher

Nel precedente articolo, abbiamo segnalato l’importanza di usare il pronome “noi” anziché “io”. Qualche nostro lettore ha suggerito che il “pluralis maiestatis” può anche essere interpretato come una forma di arroganza o presunta (o reale) superiorità, in quanto nella tradizione storica si riferisce ad un lessico utilizzato soprattutto da sovrani, papi (abbandonato di recente) e statisti.

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