Non ce ne vorrà, speriamo, il prof. Luigino Bruni, se utilizziamo un suo recente intervento sul quotidiano “Avvenire”, che ha un ben altro spessore cultural-teologico, per confermare un errore che spesso facciamo quando – volendo ottenere ascolto o pensando che un nostro reclamo abbia più efficacia – diciamo all’impiegato di una società o di un ente che ci sta di fronte, anche per intimorirlo: “Mi rivolgerò al suo superiore!”. Se poi lo facciamo sul serio, nella maggioranza dei casi non otterremo nulla. Ci spiega perché lo stesso prof. Bruni.
Responsabilità
“Siamo tutti leader!” “Beato il Paese che non ha bisogno di… leader”
Mai dire “Mi dispiace”

Se devi farti perdonare qualche errore, una svista, una mancanza, non dire mai – ma proprio mai: “Mi dispiace”. Lo sostiene Maurice Schweitzer, professore di management presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania. Studioso ed esperto psicologo, cerca di motivare la sua affermazione con argomentazioni che alla fine ci sembrano convincenti e condivisibili. Vediamole insieme.
Per sapere chi minaccia l’ordine sociale guardiamo in alto!

Una volta era la “ribellione delle masse” che minacciava l’ordine sociale e le tradizioni di civiltà della cultura occidentale. Ai nostri tempi, invece, la minaccia principale sembra venire da chi si trova al vertice della gerarchia sociale, non dalle masse. Zygmunt Bauman conferma questa idea:
Come è difficile chiedere scusa!
Non è del tutto vero che la gente non ama chiedere scusa. Lo fa e anche spesso, tanto è vero che è diventato un modo di dire, un cliché, che nella maggioranza dei casi non soddisfa per nulla la persona che in qualche è modo è stata danneggiata. Anzi.
Le 12 soft skills indispensabili per un leader di oggi

Gary Vaynerchuk è un imprenditore americano di origine bielorussa, che ha avuto successo con la sua azienda vinicola. Qualcuno lo ha definito il “Primo Wine Guru” dell’era YouTube, perché è anche un grande esperto di marketing digitale e autore di best seller. L’ultimo di questi si intitola “Dodici e mezzo: sfruttare gli ingredienti emotivi necessari per il successo aziendale”, uscito a novembre scorso.
Filiere e sfruttamento. Continuiamo a far finta di non sapere
I diritti umani sono dei principi importanti, universali, che nessuno può disconoscere. Come il diritto alla vita, il rispetto dei lavoratori, ecc. E chi si rendesse responsabile di violazione di questi diritti subirebbe un grave vulnus alla sua reputazione, sia che si tratti di un individuo, di una impresa o di un governo.
Tra assenteismo e presenteismo. Prendersi le proprie responsabilità
Bisogna avere il coraggio di dire che chi non si prende la responsabilità del proprio lavoro in questi tempi è un incosciente. In una situazione complessa e difficile come quella che stiamo vivendo a causa della pandemia, riteniamo che qualsiasi lavoratore, a qualsiasi livello, non possa esimersi dal prendersi la responsabilità di quello che fa. Anche se la sua è una attività che può apparire meno strategica e importante di altre.
Digitalizzazione: non rinunciamo ad essere cittadini responsabili
Mi sembra opportuno e interessante riportare uno scambio di opinioni tra il sottoscritto e il filosofo Francesco Varanini su alcuni temi legati al suo ultimo libro “Le Cinque Leggi bronzee dell’era digitale e perché trasgredirle”, che invitiamo a leggere.
La responsabilità: perché facciamo fatica ad assumercela?

Destino, fortuna: se crediamo che siano solo questi gli elementi che determinano il successo nella vita di una persona, forse non siamo sufficientemente motivati. Crediamo che ciò che stiamo facendo (il lavoro prima di tutto) sia l’effetto delle condizioni che ci sono state imposte dall’esterno (decisioni di altri, circostanze, caso, ecc.) e che abbiamo dovuto subire passivamente.