Per capire se e come la leadership sta cambiando, dovremmo anzitutto cominciare a interrogarci sul modo in cui le nuove generazioni – millennials e Z generation – concepiscono il concetto stesso di leadership. Anche se molti di loro non hanno ancora una chiara visione di come debba essere il leader del futuro, i giovani stanno sempre più rifiutando le pratiche di leadership di vecchia scuola, e le organizzazioni, se già non l’hanno fatto, saranno costrette a ripensare e rimodellare la struttura della governance se vogliono sopravvivere.
Una cosa sembra sempre più evidente. I giovani non sopportano meccanismi gerarchici troppo coercitivi e per loro i leader efficaci non sono quelli che controllano e comandano ma persone che aiutano i collaboratori ad apprendere, crescere, trovare la realizzazione in quello che fanno. Li vedono più come mentori, sostenitori, facilitatori, influencer stimolanti. Da loro si aspettano che forniscano consulenza, supporto, ma soprattutto incoraggiamento per farli migliorare e ottenere soddisfazioni e gratificazioni personali e professionali.
D’altra parte, non può essere che così. La funzione del leader è sempre più una funzione di mediazione. Delicata e responsabile, ma sempre di mediazione. Non è tanto il potere che deve guidare l’azione del leader né il fatto che abbia maggiori conoscenze (spesso è vero il contrario) ma che sappia armonizzare nel modo migliore le risorse umane che ha a disposizione, sia in grado di creare il clima giusto nel quale la squadra possa lavorare bene, fornire indicazioni e mettere a disposizione risorse per aiutare ogni membro ad avere successo, a sentirsi apprezzato e supportato nel suo percorso di crescita e sviluppo professionale. I leader, in sostanza, devono diventare il tramite in grado di interpretare e tradurre lo scopo e i valori dell’organizzazione adattandoli e personalizzandoli al team che guidano.
Quante sono le aziende dove la leadership viene interpretata in questo modo?
Ancora poche, purtroppo. La maggior parte delle organizzazioni segue tuttora pratiche di leadership tradizionali: pochi leader, dotati di ampi poteri decisionali e di controllo, che tolgono agli individui e ai team che guidano la possibilità di sviluppare capacità di pensiero critico, impedendo di condividere le responsabilità. Cosa che aumenta il pericolo di distorsioni nelle decisioni da prendere, frenando eventuali opportunità di innovazione.
Alcuni sondaggi[1] dimostrano come sia difficile cambiare mentalità da parte dei leader. Meno della metà dei dipendenti intervistati ritiene che il proprio leader lavori per cercare di offrire loro nuove opportunità di crescita professionale. Solo il 26% ritiene che il proprio leader incoraggi la sua collaborazione. Più della metà è convinto che il leader difficilmente rinuncerà alla sua prerogativa di controllo e comando. Solo il 59% si sente apprezzato dal proprio leader e 1 su 5 ritiene che il leader non abbia fiducia in lui.